domenica, Luglio 20, 2025

Lancette dello sviluppo umano indietro di 35 anni. Appello ONU sull’intelligenza artificiale

Rapporto del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite: "Se i lenti progressi del 2024 diventeranno la 'nuova normalità', il traguardo del 2030 potrebbe slittare di decenni”

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit

Lancette indietro di 35 anni per lo sviluppo umano. Il grido d’allarme arriva dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Secondo il nuovo Rapporto sullo sviluppo umano l’umanità sta vivendo un “allarmante tasso di decelerazione dello sviluppo globale”, con “un aumento delle disuguaglianze tra Paesi ricchi e poveri”. Gli indicatori dello sviluppo umano migliorano ma con un rallentamento senza precedenti: “Il magro aumento dello sviluppo umano globale previsto dal rapporto di quest’anno è il più basso dal 1990”.  Il rapporto dedica particolare attenzione all’Intelligenza Artificiale (artificial intelligence – AI) che potrebbe, ma solo a determinate condizioni, alimentare il benessere dell’umanità.

Proprio a queste condizioni, e alle scelte che siamo tenuti a fare in questa fase di sviluppo dell’AI, è dedicato il rapporto (che infatti è intitolato “Una questione di scelta: persone e possibilità nell’era dell’Intelligenza Artificiale”). Il punto di vista dell’UNDP non è catastrofista né distopico né banalmente tecnottimista o tecno-determinista: è un punto di vista politico. All’osservazione dei fatti affianca una proposta d’azione (la “scelta” da fare) per arginare il rischio di inversione tra mezzi e fini, per rendere l’intelligenza artificiale uno strumento al servizio del benessere di tanti e non, al contrario, dell’arricchimento di pochi.

“Per decenni siamo stati sulla buona strada per raggiungere un livello di sviluppo umano molto elevato entro il 2030, ma questa decelerazione rappresenta una minaccia molto concreta per il progresso globale”, ha dichiarato Achim Steiner, amministratore dell’UNDP. “Se i lenti progressi del 2024 diventeranno la ‘nuova normalità’, il traguardo del 2030 potrebbe slittare di decenni, rendendo il nostro mondo meno sicuro, più diviso e più vulnerabile agli shock economici ed ecologici”.

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Fonte: UNDP

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L’Indice di sviluppo umano

Il Rapporto sullo Sviluppo Umano 2025 analizza i progressi dello sviluppo attraverso l’Indice di Sviluppo Umano (ISU – Human Development Index -HDI in inglese). Le analisi per il 2024 rivelano “uno stallo nei progressi dello HDI in tutte le regioni del mondo”. Stallo che richiede “un’azione decisiva”.

L’HDI è stato creato nel 1990 per bilanciare i limiti del PIL: “Le persone e le loro capacità dovrebbero essere il criterio ultimo per valutare lo sviluppo di un Paese, non la sola crescita economica”, spiega l’UNDP. L’Indice di Sviluppo Umano  è una “misura sintetica (da zero, risultato peggiore, a uno, il massimo) dei risultati medi ottenuti nelle tre dimensioni chiave dello sviluppo umano: una vita lunga e in buona salute, essere formati e informati, avere un tenore di vita dignitoso. L’indice è la media geometrica degli indici normalizzati per ciascuna delle tre dimensioni”, spiega il Programma dell’ONU. La dimensione salute è valutata dall’aspettativa di vita alla nascita; la dimensione istruzione è misurata dalla media degli anni di scolarizzazione per gli adulti di 25 anni e più e dagli anni di scolarizzazione previsti per i bambini in età scolare; mentre il tenore di vita è misurato sul reddito nazionale lordo pro capite. “I punteggi delle tre dimensioni dell’ISU vengono poi aggregati in un indice composito utilizzando la media geometrica”.

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Immagine: UNDP

Crescono le disuguaglianze tra Paesi

Secondo il rapporto, per il quarto anno consecutivo le disuguaglianze tra i Paesi a basso e altissimo HDI continuano ad aumentare. Un fatto allarmante perché “inverte una tendenza di lungo periodo che ha visto una riduzione delle disuguaglianze tra Paesi ricchi e poveri”. E perché le sfide dello sviluppo per i Paesi con i punteggi HDI più bassi “sono particolarmente gravi, a causa delle crescenti tensioni commerciali, dell’aggravarsi della crisi del debito e dell’aumento dell’industrializzazione senza lavoro”. E arriviamo al tema tecnologico.

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Fonte: UNDP

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Il ruolo dell’intelligenza artificiale

“In questo contesto di turbolenza globale, dobbiamo esplorare con urgenza nuovi modi per promuovere lo sviluppo“, ha dichiarato Steiner. “Con la rapida avanzata dell’intelligenza artificiale in molti aspetti della nostra vita, dobbiamo considerare il suo potenziale di sviluppo. Sebbene l’AI non sia una panacea, le scelte che facciamo hanno il potenziale per rimettere in moto lo sviluppo umano e aprire nuovi percorsi e possibilità”.

Potenzialità, dunque, ma legate alle scelte che verranno fatte e che dovranno tener conto di tutti i fattori che alimentano lo sviluppo umano, non solo quelli economici.

Il rapporto dell’UNDP riferisce i risultati di un sondaggio globale che “ha dimostrato che le persone sono realistiche ma fiduciose riguardo al cambiamento che l’AI può portare”. Survey molto ampia, somministrata in 36 lingue, ha coinvolto oltre 21.000 persone in 21 paesi, che rappresentano statisticamente le differenzi prestazioni in termini di sviluppo umano e coprono il 63% della popolazione mondiale.

La metà degli intervistati in tutto il mondo pensa che il proprio lavoro potrebbe essere automatizzato.  Una percentuale ancora maggiore – sei su dieci – prevede che l’AI avrà un impatto positivo sul proprio impiego, creando opportunità di lavoro che oggi potrebbero anche non esistere. Solo il 13% degli intervistati teme che gli algoritmi possano portare alla perdita di posti di lavoro. Al contrario, nei Paesi a basso e medio HDI, il 70% si aspetta che l’AI aumenti la produttività e due terzi prevedono che l’intelligenza artificiale sarà utilizzata nell’istruzione, nella sanità o nel lavoro entro il prossimo anno.

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Immagine: UNDP

L’approccio dell’UNDP: un’AI centrata sulle persone

Gli autori dello studio hanno assunto una chiave di lettura che problematizza l’impatto degli algoritmi di AI ma, soprattutto, che cerca di identificare le precondizioni che ne possono fare un fattore di sviluppo umano. Il rapporto sostiene infatti “un approccio all’AI incentrato sull’uomo, che ha il potenziale per ridisegnare radicalmente gli approcci allo sviluppo. I risultati dell’indagine mostrano che in tutto il mondo le persone sono pronte per questo tipo di ‘reset’”.

Ha detto Pedro Conceição, direttore dell’Ufficio rapporti sullo sviluppo umano dell’UNDP: “Le scelte che faremo nei prossimi anni definiranno l’eredità di questa transizione tecnologica per lo sviluppo umano. Con le giuste politiche e l’attenzione alle persone, l’IA può essere un ponte cruciale verso nuove conoscenze, competenze e idee che possono dare potere a tutti, dagli agricoltori ai piccoli imprenditori”.

L’Intelligenza artificiale, si legge ancora nel rapporto, fa alcune cose in modo unico, come vedere modelli in enormi insiemi di dati che sono difficili o impossibili da discernere per gli esseri umani. Fa altre cose male, a volte inventando le cose. “A prescindere dalle nuove prodezze algoritmiche, ci saranno sempre spazi, anche se in evoluzione, in cui gli esseri umani brillano: dove gli esseri umani fanno cose che le macchine non sono in grado di fare o in cui sono pessime; dove le società apprezzano le persone piuttosto che le macchine e dove le persone e le macchine vanno più lontano e più velocemente insieme che separatamente”.

Si domandano le autrici e gli autori del rapporto: “L’attenzione si concentra sulle sovrapposizioni, contrapponendo quella che Daron Acemoğlu definisce ‘un’AI contro le persone’, che potrebbe tagliare posti di lavoro senza incrementi di produttività? O si concentra invece sulle complementarietà e sulla collaborazione per immaginare nuovi percorsi di sviluppo? Potrebbero nascere ruoli, mercati e industrie completamente nuovi. Se non altro, quindi, l’AI può essere vista come un’aggiunta di pagine nebulose al manuale di sviluppo, invece di eliminarle”.

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Tre aree d’azione

Sarebbe sbagliato, e dannoso, perseverare in quello che l’UNDP chiama “l’incantesimo dell’inevitabilità tecnologica: nessun percorso di avanzamento riguarda la tecnologia in sé, ma piuttosto il modo in cui viene impiegata – da chi, con chi, per chi – e con quale tipo di responsabilità”. Scelte. Scelte per orientare lo sviluppo tecnologico verso l’obiettivo del bene dell’umanità.

Il rapporto delinea tre aree critiche di intervento:

– Costruire un’economia della complementarità, in modo che le persone e l’intelligenza artificiale trovino più opportunità di collaborare piuttosto che di competere. “Piuttosto che cercare di prevedere il futuro, i politici dovrebbero dargli forma, abbandonando il tentativo di indovinare come gli esseri umani saranno sostituiti dall’AI, per vedere il potenziale di ciò che gli esseri umani possono fare con l’AI!”;

Incorporare l’azione umana nell’intero ciclo di vita dell’AI, dalla progettazione all’implementazione. Le opportunità per le persone, afferma l’UNDP, “devono essere parte integrante della progettazione dell’intelligenza artificiale, non un pensiero a posteriori”. Ciò significa sfruttarla per stimolare l’innovazione, basandosi su modelli open source e in diverse lingue. È inoltre fondamentale “orientare la ricerca sull’AI verso gli obiettivi di sviluppo umano” attraverso partnership variegate, dati accurati e imparziali e nuovi parametri di riferimento che, appunto, misurino il suo contributo al benessere delle persone;

Investire nelle capacità che contano, modernizzando i sistemi educativi e sanitari per soddisfare le esigenze del XXI secolo. Così “le persone avranno l’opportunità di sfruttare al meglio l’AI”. Secondo l’UNDP, i sistemi educativi e sanitari devono essere modernizzati per sfruttare l’enorme potenziale dell’intelligenza artificiale, mentre “gli strumenti di IA dovrebbero ampliare l’accesso, personalizzare i servizi e rafforzare le capacità umane come il pensiero critico, l’adattabilità e il benessere di tutti”.

In questo modo, secondo l’UNDP, “nuovi percorsi di sviluppo per tutti i Paesi si delineeranno all’orizzonte, aiutando tutti ad avere la possibilità di prosperare in un mondo con l’intelligenza artificiale”. 

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Aggiornamento del 15 maggio 2025

Uno strumento politico

L’indice di sviluppo umano, sottolinea l’UNDP, può essere utilizzato “per mettere in discussione le scelte politiche nazionali, chiedendosi come due Paesi con lo stesso livello di reddito pro capite possano ritrovarsi con risultati diversi in termini di sviluppo umano. Questi contrasti possono stimolare il dibattito sulle priorità politiche dei governi“.

Ma il programma ONU avverte che “l’HDI semplifica e cattura solo una parte di ciò che lo sviluppo umano comporta. Non riflette le disuguaglianze, la povertà, la sicurezza umana, l’empowerment, ecc. Un quadro più completo del livello di sviluppo umano di un Paese richiede l’analisi di altri indicatori e informazioni presentati nell’allegato statistico dell’HDR”.

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